Tuesday, June 27, 2006

Poesie

BORSA NERA
E’ mancanza di cielo,
oppure di ritegno nativo,
questa insufficienza di memoria,
che per tutti i sensi stringe il cuore?
(Il Dialogo, Oderzo)

Un tempo i configli furono sollecitati al pietoso esilio.
Dov’ erano allora i corvi stonati,
e i pioppi dalla scorza screpolosa,
e le rondini migratrici dalle lunghe ali?

Dov’ erano allora i sindaci con le fusciacche,
e la levatrice con la borsa nera,
nella quale anche noi figli superflui
eravamo stati portati, come si credeva?




INCERTEZZA
Il mio cuore non è più
al sicuro dal freddo.
Tengo pronte nella mano
le redini del cavallo




BASALGHELLE

Momento sottratto al tempo e buco di serratura,
oltre il quale si vede vegetare la natura.

Il Rasego offre un impercettibile gorgoglio
e un silenzio strano con odore di trifoglio.

Le Baite sono una favola al chiaro di luna,
che rammenta la gioventù, anzi la cuna.

Qui “bilussèra” significava una vigna piana
di vin moro come quello delle nozze di Cana.


NOTTE SOLSTIZIA

La rugiada nelle notti di plenilunio
sui prati di Basalghelle parlava di sé.

Solo le punture delle zanzare
e le prime stelle cadenti
parlavano di me,
esortando cancellazioni
di volti dimenticati.

RUMORI

Mi hai fatto finora sentire, per telefono,
le fusa sognanti del tuo gatto.

Vorrei domani sentire, per telefono,
il battito superlativo del tuo cuore.


MORÓSI

Un putinòt de pàja e de bavèla
co un piriòt pàr capèl sòra rovessà,
un trversòn co-e tiràche de cordèla
e un tabàro de velùdo tùt sbregà.

El jèra inpiantà in cào al gavìn
pàr badàrghe a stornèi, panegàsse
parùssoe, thavàtoi, gardelìn
e po’ a cheàltri osèi che no pàga tàsse.

In te-a scarsèla a màn drèta
ti te metèa do rìghe co un cuòr;
a màn thànca in te-a sachèta
mi te metèe do rìghe co un fiòr.

Un dì ti le me paròe no te à pì ciòt
e no te savarà mài cuèl che mi ‘vèe da dàr.
Te pòl sòl che insognàrte un putinòt
de pàja e de bavèla, che te fa penàr.


STAJÓN

La bròsa la incipria i Prà dei Gài
come ‘na scjùma de colòr ingjathà.

‘Ndòve è-li pô i gardelìn incantài,
i tavàn e le pavèle de ‘sto istà passà?


CONSOLAZIONE

Che prezzi sul mercato
per anguille, tinche e pesce gatto!

Stanotte ci siamo incontrati
gli Apostoli Simone, Giacomo, Giovanni ed io
per pescare di frodo oltre il ponte,
dove il Rasego corteggia la calta palustre.

Era di vedetta un martin pescatore.


ELSA

Mai più fremito triangolare di scialli con frange,
la calta palustre non occhieggia più
nei fiumi del Ducato Longobardo.
Ora te lo posso dire, perché sei morta.

Non più veglie nelle stalle d’inverno
e non più tonfi di rane nei fossi rancidi.
Ora te lo posso dire, perché sei morta.

Non rogazioni bramose per prati abbrustoliti,
non macine in umiltà lungo la Restèja muscosa.
Ora te lo posso dire, perché sei morta.

Fazzoletti neri non annuvolano più capi canuti
come falchetti novelli sulle torri dalle caviglie sottili.
Ora te lo posso dire, perché sei morta.

Mai più fremito triangolare di scialli con frange,
mai più peschi selvatici lungo i filari.
Ora te lo posso dire, perché sei morta.



LA STRADA DELLE BAITE

Stelle alle tre del mattino,
questo è un sentiero femminile,
voglia materna di gracidar di zoccoli.

Il ronzante tornar delle api sfoglia l’aurora,
chiude a chiave nostalgie d’anime dimenticate
in madie con la notte per tesoro nascosto.

La strada delle Baite è traccia di bambina,
vita di scorta per emigrati lontani,
respiro di campi blasonati di sudore.

Qui l’orologio d’erba segna un altro tempo:
minuti di trifoglio finiscono in gridio di passeri
e l’ora di girasole va in clausura.


VITA DA FIORE

Non è poi male un giorno da girasole.
Già la statura aiuta non poco:
sono alto abbastanza per badare a me stesso.

Di mattina presto offro al sole novello
la misteriosa equazione di stami e pistilli,
che gli umani chiamerebbero cuore.

A che serve il cuore se non lo si offre?
Con stanca coscienza reclini infine il capo
ed è subito ombra di breve tramonto.


IL VINO

Appena c’incontrammo, mi chiedesti
come si dice vino nella mia lingua.

Forse collezionavi bevande d’ogni paese,
per una nuova, assetata poesia,

o volevi forse solo gustare in bocca
lo strabico sapore della parola veneta.

Quando c’incontrammo, dopo anni nel vasto mondo,
ripetesti felice e tremante “Cabernet”:

mi sembrava d’aver trovato una moneta d’oro
sull’argine erboso del Monticano.


VENDEMMIA

Il Monticano infila i paesi come perle
e la vite di Cabernet è gravida di nove mesi:
domani si recide il cordone ombelicale ai grappoli.

Nella morbida sera d’autunno
una susina di sole illumina le figure
di questo libro della natura:

Vespe son giunte da Basalghelle e Lutrano,
coccinelle da Mansuè, Vallonto e Fontanelle,
farfalle e storni golosi da Camino e Ormelle.

Nei cesti cadono perle agognate da passere spruzzate,
sapori tra il limone e la magnolia,
reliquie del crepuscolo della vigna.


TELEFONO PUBBLICO

Le cabine stanno appartate e contigue
sulla piazza silente accarezzata
dallo scorrer del Monticano.

Quando cadde l’ultima moneta,
avevo ancora una cosa da dirti:
“Sei impagabile!”


AMORE

Non sei né maschile né femminile,
ma vengo sempre volentieri da te.

Non sei né maschile né femminile,
ma ti preferisco a ogni bene.

Non sei né maschile né femminile,
ma nulla ti supera in bellezza.

Non sei né maschile né femminile,
ma t’amo tanto, paese mio.


NOTTE OPITERGINA
I passeri dormono sotto le tegole del tetto,
come i tuoi occhi sotto le ciglia di velluto:

io mi vesto di parole
per coprire il silenzio nel mio cuore.


CONFUSIÓN

Ànca incuò l’è un gràn busnàr in tèl vènt,
ma Ulisse nôl vôl scoltàr le Sirène:
ghe piàse de pì stàr co Circe in tèl seràgno.

I pàrla de Tròja, che no la è pì,
e de Itaca, che un dì o cheàltro la pôl èsser:
i porthèi in scjàp i spèta ronthegàndo.


MONTICANO

Un filo di luce liquida
che scorre tra argini verdi
come il mormorio del tempo
non addomesticato da clessidre.

Odore di polline muschiato
aroma di pascolo povero
fiume d’acqua e di tempo
e, a Pentecoste, notturno rosario di rane.

ORTICA

Il destino dell’ortica è di non essere amata.
Non si compra, non si vende, non si offre.

Cresce anche nei cimiteri di campagna
e nell’aria dei ricordi è velluto pungente.


LIBRO D’ORE

Chi conosce il ritmo degli uccelli,
sa sempre che ora è.

Ogni specie ha il suo orologio
che segna il tempo senza sbagliare.

Alle due di notte il solitario usignolo
che aveva già trillato la canzone serale;

alle tre del mattino l’allodola
e un’ora dopo il gallo per la prima volta;

puntuali a distanza il cuculo e la cincia,
la capinera, lo strillozzo e il canarino.

Gracchia infine il raro corvo
ed è subito nostalgia di rugiada.

IL MULINO

Lungo la Restèja c’era un mulino
con la ruota di legno muscoso:
schizzi d’acqua amoreggiavano con l’ombre
e quando il sacco era pieno, la ruota si fermava.

Anche la luna veniva talvolta ad attingere acqua
e più in là s’udiva un rider di ragazzi;
i salici piangenti invidiavano il pesce gatto
e la sera giungeva ancheggiando come una bella donna.

Or sembra quel luogo un pozzo murato,
un’epoca sepolta sotto un cielo meravigliato.
Quando passa il funerale, non farti il segno della croce:
il sacco era pieno e la ruota s’è fermata.


17 MARZO

Il cielo era coricato sul lato sbagliato stanotte
e il fratello moriva con un respiro, com’era nato.

Mancavano quattro giorni all’arrivo della primavera,
ma la fine impietosa non volle attendere.

L’agile capinera vigile sul tiglio grande
citerà la morte in giudizio per questo delitto.


POETI

All’angolo della mia strada
mi ha chiesto uno sconosciuto:

“Dica, per favore, le poesie s’incidono
sulla pelle degli uomini?

E le mani dei poeti sono rosse
per le tracce dei loro versi?

Me lo dica, per favore,
lei dovrebbe saperlo”.


LA MIA TERRA

La mia terra aveva i gelsi
con le more bionde e blu.

La mia terra aveva i larìn affumicati,
ora usa termosifoni di ghisa colorati

La mia terra non è più
come la vedo nei miei sogni brevi come un bruco:

folte siepi di umile sambuco
con le foglie verdi e bacche blu.

La mia terra non legge i miei versi appassionati,
scritti in esilio in momenti disperati.

La mia terra, una sera che è un po’ distratta,
me la prendo e nessuno saprà dov’è andata.

Chissà se la mia terra mi accoglierà clemente
quando morirò: tanto è l’ultima volta, veramente.

La mia terra, la mia terra!
Ma la mia terra non c’è più.


MEMORIA

Ricordi fratello mio, tanti anni fa?
Era il mese dei crisantemi, bellezze d’autunno,
e trovammo sul prato una farfalla morta.

Piegammo le ali, piano per non romperle,
la chiudemmo per la sepoltura in un guscio di noce:
tu aggiungesti un tardivo nontiscordardimé.

Ora tu sei la farfalla morta.
Ti sigillo nel guscio del mio cuore
E aggiungo mesto: non ti scordar di me.


AMICIZIA

Tocchi le cose con le dita
come le vespe carezzano i pistilli
di un giovane fiore platonico.

Ci sveglieremo sul fare del giorno
in un luogo dell’anima
incorniciato in un’icona del Trecento.:

m’insegnerai a toccare aureole con le dita,
come i ricordi sfiorano miracoli rifiutati,
mentre foglie gialle cadono intorno.



PREGHIERA DEI FIORI

Conosco un falciatore antico:
il suo nome è morte.
Dal Signore ha avuto il suo potere.All’aurora affila la falce con la pietra;
verso sera il filo sarà già tagliente:
tremate, bei fiorellini!

Quanto è ora verde e fresco, spento sarà domani:
nobile narciso, grazioso giacinto,
tremate, bei fiorellini!

Cadranno in tanti sotto la falce:
roselline rosse, gigli bianchi, corone imperiali:
tremate, bei fiorellini!

Veronica turchina, tulipani gialli e bianchi,
argentee campanule, fiocchi dorati,
tremate, bei fiorellini!

Lavanda odorosa, rosmarino fragrante,
eringio spinoso, superbi giaggioli,
Tremate, bei fiorellini!

Crespo basilico, tenere viole,
tutti sarete raggiunti:
tremate, bei fiorellini!

Solo la gramigna non teme la falce.
Recisa, vivrà trasferita altrove.
Rallegrati, bella piantina!

F U T U R O

Che ne sarà dei nostri pensieri?
E delle margherite lungo i sentieri?
E di chi per via ha perduto i desideri?

DISPETTO ALLA MORTE

La fine arriverà
come nuvola d’aghi
e troverà soltanto
un sacco vuoto:
quanto poteva ardere è già arso.

La fine arriverà
come battito d’ali
e troverà soltanto
la stanza buia:
quanto poteva spegnersi
è già spento.

La fine arriverà e sarà
un nulla, anche lei.
Il nulla non può dare,
il nulla non può prendere:
è inutile e inesistente il nulla!
Quando morirò,
mettetemi gli occhiali:
vorrei vedere la morte
allontanarsi delusa
come una mongolfiera
piena di pulci.


MARIĚTA

Un sôl stùf èl se gratèa la schèna
sù par i pràteni intorcolàdi
e le sisìle le jèra còme paròe
in tel messàl vèrt del cièl.

‘Na vecèta co do òcj de genthiàna
intànt la me vardèa fìssa,
còme ‘na pitùra vignùda fòra dal mùr,
còi scufòn de velùdo frugà:

“Pòsse dìr de ‘vèr parecjà tùt cuànt:
èl fatholèt co-e spènese de sèda turchìna,
‘na còtola inbotonàda, cussì no ‘vè da sgorlàrme.
Me mànca sôl che le scarpe de vernìse.
Mi vàe a cjòrle mèrcore de matìna in tèl marcà,
co tìre la me pensiòn pàr i dò mèsi.
Cussì, co vièn la me òra jùsta,
sòn bèl che vestìda”.



I DUE FRINGUELLI

Due fringuelli in una gabbia
alta cinquantuno centimetri
e larga sessantadue:

in fondo una tavola di salice,
ai lati due tele di canapa
e di fronte una lastra di vetro.

Tra i due fringuelli una griglia
e qui finalmente uno sportello, chiuso.

Un fringuello a destra, uno a sinistra: muti.
Sembravano uccelli imbalsamati,
ma uno dondolava la testa, piano piano.



ERA APPENA MATTINO

Era appena mattino ed è già sera,
è già inverno ed era appena primavera.

Ti avevo appena incontrata nel casale
e già eri la mia fiera compagna leale.

Appena ieri giocavamo nel cortile,
e presto saremo sotto l’erba sottile.

La vita è una nuvola passeggera,
come soffio leggero su lucida specchiera.



LA PAPERONA

Aveva sul capo piume
a spazzola
e virile peluria intorno
al becco a spatola.
Voleva danzare sulle ninfee
tremule
dimenticando la propria
differenza con le libellule.
Ma poteva solo tentennare
sulle zampe piatte
e illudersi di ancheggiare sopra erbe seccate..



L’ANELLO DI FIORDALISO

Avevamo insieme trent’anni o poco più:
tu avevi trecce bionde e occhi blu.

Ci fidanzammo con un sorriso
e per anello scegliemmo un fiordaliso.

Quello era il bel tempo lontano,
quando si mietevano le spighe a mano.



LA CORNACCHIA

Aveva incontrato un papero corto di vista
e fu veramente amore a prima vista

Ella giocava intanto a ping-pong con gli occhi
insieme ai merli, tordi e perfino allocchi.

Gli anni diradarono poi le piume nere
e le rimasero solo le delusioni più vere.



BRUGNERA

Non credere a chi racconta
che non avevamo nulla una volta!

C’erano sillabari di margherite
da sfogliare nel parco di Villa Varda;

rondini leggere ornavano le travi
come perle nere a San Cassiano;

il vento suonava il flauto nelle grondaie
dopo aver carezzato il grano sui campi di Brugnera;

anatre starnazzanti tornavano ancheggiando
dalla verde calma della Livenza…

Avevamo anche un raggio di sole che infilava le ore
davanti alla valigia pronta per migrare.

Fammi dunque capire, o Signore,
se questa è nostalgica preghiera, oppur bestemmia!



SETTEMBRE

Tra i miei gerani sul balcone
sono spuntati due funghi marrone.
Sembrano fraticelli in orazione.



SAN MARTINO

Le barcollanti papere di maggio
son diventate oche con maestoso piumaggio.



RICORDI E SOGNI

I ricordi hanno sete verso sera
e si accostano alla fontana rotonda.
Si vestono di sembiante e voce
del primo che capita, a caso.
Entrano in cucina e la madre non c’è:
è sempre nel pollaio a quest’ora!
I ricordi non hanno nulla da imparare
e ne puoi avere tanti, come i sogni.


LUCIA

Non dimentico mai quel giorno di funerale:
l’aria era gelida e autunnale.

Mia sorella morta aveva freddo nella bara
e la copristi col tuo abito da sposa del destino ignara.


AGOSTO

Le querce han scacciato le loro ombre desolate,
che ora stanno distese a terra per raccogliere le ghiande ossigenate.

I suini discutono nell’angusto porcile
se sia meglio vivere da maiali o pendere come salami per il battesimo d’aprile.



AMICIZIA

Amabile contatto di antenne
tra formiche dello stesso formicaio.



IL MAZZARIOL

Vestito come il colore di due papaveri,
non si sa bene se fosse uomo o spirito.
Seguiva i buoi da un mercato all’altro,
dormiva sulla paglia o sul fieno.

Una donna di Brugnera ebbe pietà di lui
e gli procurò una camicia senza pezze.
Le rispose con le labbra morte di sonno:
“Poènta e lât jòva, e no camìsa nòva”.

Paese mio, come conduci i tuoi buoi al mercato,
ora che il Mazzariòl non li può più seguire?
Paese mio, che hai mai fatto,
perché il Mazzariòl non intrecci più code di cavallo?

(Quaderni del Lombardo-Veneto, N. 41, pag. 82, Padova 1995)



VENERDI’ SANTO

Il corniolo ha foglie bianche
con profilo simile ai chiodi
con cui Cristo fu crocifisso.

Questa è la punizione
per non aver portato il lutto
nel giorno della morte del Signore.


TRASLOCO


La stagione è ormai scaduta
ed è quasi ora di andare.
In queste notti fredde e buie
i corvi strappano ormai le coperte dal letto.



T E D I O

Mi metterò in cammino domani
per cercare un'altra riva accogliente.

Che noia i prati innevati
se non ci fossero i corvi stonati!
Che fastidio l'acqua dei fiumi traboccanti.


I C I P R E S S I

Di notte, quando la nebbia è fitta,i cipressi del cimitero si dicono:"Andiamo nel bosco della Vizza,dove ci sono i roveri, nostri fratelli".Così essi talvolta fanno portando sul dorso i più vicini. Di notte, quando la nebbia è fitta,si sentono i cipressi del cimitero cantare una canzone di rami, tronchi e resina che soltanto loro possono capire.Così essi talvolta fanno per ringraziare le loro radici.Di notte, quando la nebbia è fitta,si sentono i cipressi del cimitero andare.Nessuno rimane immobile perchè amano camminare in compagnia.Così essi talvolta fanno e ridono insieme in allegria.Di notte, quando la nebbia è fitta,si sentono i cipressi del cimitero giocare.Giocano tutti insieme a rimpiattino,che da sempre è il loro svago preferito.Così talvolta essi fanno:un poco corrono e un poco si nascondono.All'alba, quando la nebbia un poco si dirada,i cipressi del cimitero si dicono:"Torniamo in fretta tutti a casa, perchè i morti ci trovino al nostro posto".Così essi talvolta fanno,ma nessuno ci crede quando li vede.


(Il Dialogo, Oderzo, febbraio 1996)


CANTÀR E ORATHIÒN DEL SÒL, NÒSTRO FRADÉL E COLÒR DE-A CREATHIÒN.

de Chèco da Asìsi

(Voltà pàr vèneto patòc de-a Thànca Piàve da Nerio de Carlo)


Che i Te lòde, che i Te glòrie,
che i Te onòre e i Te inbenesìse dùti,
Ti che Te s’è sù àlt, Te pôl fàr tùt.
Tu s’è bòn e Te ne vòl bèn.

Pàr Ti, Sinjòr, la nòstra ‘mirathiòn,
pàr e maravèie de-a To creathiòn,
che noàntri pòre-gràmi no s’èn njànca
dènji de menthionàr al To nòme.

Bràho Sinjòr pàr dùt el univèrso,
ròba de gràn valòr, produthiòn de-e To màn.
Pàr prìmo pàl sòl, nòstro fradèl,
che lù el ne scàlda e el ne fa cjàro vìa pàl dì,
e l’è sù in thìma, bèl, e el ne dà ‘na idèa de Ti.

Ma Tu se stàt bràho ànca, Sinjòr sànto,
pàr vìa de-a lùna, sorèa nostra, e pàr e stèe bèle
che Te à picà in cièl e che le sciantidhèa
e le lùzhèga àlte, cjàre e lusènt.

Gràthie un grùn e Te lòden, Sinjòr bòn,
e s’èn contènti un mùcjo ànca pàl vènt, e pàl ària
e le nèhole, el calìgo e ‘l serèn e pàr tùt el tènp
che Tu ne dèdica pàr tègner-ne vìvi.

Amirathiòn e gràthie tànt, càro Sinjòr, pàr el àcua,
nostra conpànja e jutànte, che la ne ocòre tànt
e la ne và bèn, ùmie, cjàra e de valòr.

E Te dòn gràthie, nòstro Sinjòr, pàr vìa dèl fògo
ch’èl ne scalda, el ne fà cjàro de nòt, el inpìzha el scùro
e el crepetèa cò-e fulìsche liègro e contènt.

Te benèdizhèn Sinjòr pà-a nostra tèra,
che la è co fa ‘na màre pàr noàntri:
la ne dà da vìver e la ne mantièn co- a so biàva,
el formènt, la ùa, i fiòr, i frùti, e fòje e cheàltre èrbe vèrde.

Che i Te lòde Sinjòr, ànca pàr cuèi che i perdòna
pàr amòr Tòo, no desmentegàndo po’ cuèi
che i stà màl, che i tribola, che i è màl cjapàdi
e che i fà fadìga pàr tiràr ‘vànti.

Fortunài cuèi che i tièn bòta chièti e co soportathiòn,
parchè Ti dàl àlt Tu ghe darà ‘na coròna
pàr prèmio e pàr piathèr.

No òn njènt da riclamàr njànca cuànde
che rìva nostra sorèa mòrt vestìda de nègro,
che tànt dùti noàntri ‘vèn da morìr,
e ànca cuà Ti Tu s’è providèntha!

El pèzho al è pàr cuèi che la mòrt la li càtarà
incrostàdi de gròpola de pecà mortài.
Liègri invèzhe cuèi che i à capì el To pensièr pàl mòndo
e i vìf segòndo i To sàni consìli!
Pàr lòri no ghe sarà ‘na seconda mòrt!

Lodè liegramèntre e benedizhè
el nòstro sànto, bòn , pròvido Sinjòr;
onorè-lo e rengrathiè-lo, scoltè cuèl che ‘l ve dìs,
che Lù el cjàcola pàl vostro bèn.

Lasè-ve guidàr co mesteghèzha
e no stè fàr còme le càvre màte,
che le sàlta e le bàla fìn che le se rònpe le zhàte.
(Il Dialogo, Oderzo, maggio 2007)(La Sorgente, Ponte di Piave, luglio 2007)

DÀNTE ALDIGHIÉR - BALÀDA SÀNTA - Infèrno, V° cantàr, 97 – 142.

Tràt int’ el favelàr bèl nostràn de ìntra Livèntha tàrda e i sàss Piavesàn da Nerio De Carlo

“Ònde che e àcue del Pò
le sbrìsa stràche tèl màr Adriàn,
mì sòn nasèsta da cuèe bànde.

Còlpa mèa che jère bèa, un amòr
foghèra se à tacà su pàr sto-cuà
ch’el me è rènte, e la ne è ‘ndàda màl.

Amòr ch’el furìga e nòl sparànja pròpio njisùn
el me à fàt voltàr vìa màta pàr ‘sto-cuà
e mi sòn ‘ncòra cuà te e stèse condithiòn.

Còlpa de ‘sto amòr, sèn mòrti tùti dòi,
ma ànca Zàn-Zhòt al varà da patìr le sòe!”
‘Ste cuà le paròe che lòri i ne à dìt.

Co ò finì de scoltàr ‘ste àneme destrùte
me à venjèst de sbasàr la tèsta a picolòn
tànt che el conpagnadòr el me dìs: “’sa pènsi-tu-ti?”

E mi ghe rispònde: “Che brùta ròba intrigàda!
Cuànt se varà-li volèst bèn ‘sti pòre colònbi,
‘vànti de rivàr a ‘na mòrt tànt scaronjàda!”

Po’ dòpo mi pàrle co lòri: “Franzhèsca mèa càra,
tùt cuèl che ‘vè pasà voàltri, i patimènt
i fa piànzher el cuòr e me sènte màl ànca mi!

Còme è-a stàda po’ che voàltri vè vè inamorà,
tùt ‘sto incròzo de volèr-se bèn
de scondiòn, che nisùn i ‘vèa da savèr njènt?”

“L’è ‘na desgràthia ricordàr-se dei bèi tènp
co te s’è màl cjapà in te ‘ste condithiòn;
el to bàti-stràda ‘ste ròbe le sa bèn.

Ma se pròpio te vòl savèr-lo, còmodo
che ‘sta stòria la è prinzhipiàda,
te-a contarò mì co-e làgreme in tèi òcj.

Noàntri se jèra drìo un dì lèzher de gùsto
del Lanszlòt inamorà cò-a Dhenèvera.
Se jèra noàntri sòi e no se sospetèa de njènt.

‘Sto lèzher el ne à fàt sbisigàr-se in tèi òcj,
se ‘vèn desfà e pò deventàdi òra ròs, òra cjàri
fìn ch’el à printhipià a scjantidhàr.
Co s’èn rivàdi ‘ndòve che lòri dò i se basèa,
ànca lù, ch’el no se destàche mài da mì,
el me a basà de bòt i làvri co tànt tremòr.

Rufiàn el jèra el titòl del lìbro.
E traditòr cuèl che lo à scrivèst.
In te cuèl dì noàntri no ‘vèn lezhèst pì gnènt.”

Intànt che un de ‘sti moròsi el contèa ‘ste ròbe,
cheàltro el pianzhèa de pièn e mi tànt ò penà
e sòn stàt tànt màl che credèe de morìr.

E sòn cascà pàr tèra vìa còi mèi,
che dàl màl in cuòr me à vegnèst afàn.


DÀNTE ‘RIGHIÉR - B A L À D A S À N T A - C I É L : XXXIII C A N T À R, 1 – 39

-ORAZHIÒN PÀA MADÒNA SÀNTA MARÌA, NÒSTRA DÀMA –


Voltà pàr vèneto salvàrego ruràl, patòc ¢enedès-uderzhàn ìntra Piàve e Livènzha,
sòt de-a Càl Ongarèsca, a cavàl del Montegàn da

Nerio De Carlo


Fìa del To fiòl, novìthia e màre,
chièta ma stradelà de grànda,
tànt che sènpre el ‘vèa pensà a Ti l’etèrno Pàre.

Ti te ne à fàt alzhàr sù el còl,
tànt ch’el Creadòr co piazhèr
l’à volèst deventàr To fiòl.

Éntro de Ti ‘na fulìsca se à inpizhà
che còl so calòr scjèvedo
pròpio ‘sto fiòr l’à svejà.

Ti te s’è adès in tèl cièl un sòl de conpasiòn,
e in te-a tèra pàr cuèi che tìra el fià
‘na fònt vìva de ilusiòn.

Dòmena, tànt Te s’è grànda e zheniàle
che se a cuàlchedùn ghe ocòre ‘na màn e nòl te-o domanda,
l’è còme volèr zholàr sènzha gnànca e àle.

Ti no te sostièn e te jùta sòl
cuèi che i Te dìs un mùcjo de orazhiòn,
ma te capìse sùito ‘vànti tùt cuèl che ghe vòl.

In Ti se ingrùma conpasiòn, pregàr,
grandùra e tùt cuànt el bèn
che se se pòl figuràr.

Indès mi che dàl pì fòndo paltàn
fìn cuà pàr sòra ò podèst vardàr
ùna pàr ùna le àneme fìn lontàn,

Te domànde pàr favòr
se podèse vèder ànca nòstro Pàre-Sinjòr
salvadòr, liberadòr, redentòr.

E mì, che no ‘vèe mài pensà de sbisigàr
‘na frègola de pì de cuèl che Lù el vède,
Te scongjùre e me augure che Te me pòse scoltàr,


parché Ti te pòl desfàr ògni somèja
de-a me fiàca co-e To devozhiòn,
fìn che dàl Sinjòr rìva un mùcjo de maravèja.

E po’, càra Regìna, stà ‘tènta ncòra
dàto sì che Te pòl ‘vèr tùt cuèl che Te vòl,
che mì no devènte màt co tùt cuèl che ò vìst finòra.

Sperèn che la To màn la cuèrzhe tùt el malàn:
ànca Beatrìs co-i Sànt in orazhiòn
che Te me scòlte i Te prèga e zhònta e màn.

S T E L L E C A D E N T I


Credevi veramente che la notte d’agosto
fosse un tempo tra la sera e l’alba?

La Notte d’Agosto è invece un paese
con due contrade: una terrestre e l’altra celeste.

Gli abitanti terrestri sono bagnati di rugiada:
pipistrelli affumicati e civette sempre preoccupate.

Gli abitanti celesti sono come noi umani
e scrutano trepidanti il buio profondo:

ecco, ora aspettano che la terra precipiti
per esprimere un loro desiderio.


F U L ĺ S C H E DE I S T Á


‘Vètu pròpio credèst che ‘na Nòt de Agòst
la sìe sòl che un grùm de tènp nègro?

La Nòt de Agòst l’è invèzhe un paesèt
co dò contràde : ùna pàr tèra e cheàltra pàr sòra.

Nòtoi fumantài e rosignòl scondèst in tèl bàr de ròe :
‘sta cuà l’è la zhènt stònfa de aguàzh pàr tèra.

La zhènt de-a Nòt de Agòst in tèl cièl
la sbùsa intànt co-i sò òcj el scùro :

lòri i spèta che la tèra ròdole zhò come ‘na fulìsca
pàr pànder ‘na vòja scondèsta.
(Il Piave, Conegliano, luglio 2007)


U R A G A N O E S T I V O

Vittoria Aganoor, la poetessa (1855 – 1910), era attenta agli eventi atmosferici. Basalghelle, paese situato alla convergenza delle nuvole discendenti dalle Alpi tra le con le masse d’aria alitate dall’Adriatico, era ed è la scena più idonea per il verificarsi di simili urti estivi. Folgori e fragori spaventano i frutti appena nati negli orti sottostanti e un acre odore di ozono rimane nell’aria fin quando non riappare il sole.

Il paesaggio interessato dai temporali ha un preciso colore nella visione dell’artista: “verdegrigiastro”.- Il fracasso provoca anche un malessere alla cicala che agonizza.
La scrittura di Vittoria Aganoor incomincia con righe di rade parole, che si integrano via via per descrivere la dispersione e lo scompiglio patiti dalla comunità vegetale e dai suoi rameggi. Si forma così una piramide di termini, sensazioni e similitudini: un autentico calligramma.

La poetessa percepisce in questa breve e intensa composizione una forma di ostilità degli elementi verso la natura sottostante. C’è quasi un’aggressione con “ugne” su una “nemica testa”, che non trova giustificazione se non nella crudeltà della natura.- Manca tuttavia il rimprovero per la circostanza che ha interrotto “l’estivo sopor” del paese.- Voltaire si era una volta indignato contro un terremoto, ma con scarso risultato, come si ritiene. Nei versi di Vittoria Aganoor si comprende invece come non sia possibile opporsi all’inevitabile e magari chiudere gli occhi alla luna. In ogni caso, come sostenne Heinrich Böll, chi usa le parole mette in moto due mondi, due esseri diversi: quello che può consolare l’uno, può ferire a morte un altro.- C’è un tempo per le “divine aurore” e un tempo per vedere “sfiorir le immacolate rose”, come si legge nelle due liriche “Mamma, lo vedi il sole” e “La bella bimba dai capelli neri”.





R E Q U I E M



Nur noch eine Weile, Ancora un poco
und es ist Zeit, sich zu verabschieden. ed è già tempo di addii.

Siehst du die Kalender an der Wand? Li vedi i calendari alle pareti?
Auf einem ihrer Blätter steht das genaue Datum Nei loro fogli è segnata
meines Todes. anche la data esatta della mia morte.

Ich werde es nicht überprüfen können, Io non potrò verificare,
aber ich weiβ genau, dass es so sein wird. ma so bene che sarà così.

Die Stunde meines Todes fehlt noch, Manca tuttavia l’ora della mia morte,
aber alle Augenblicke sind an ihrem rechten Platz ma tutti i momenti sono al loro posto
wie die schwarzen Tasten auf der Klaviatur. come i tasti neri nel pianoforte.







R Ä T S E L - M I S T E R O

Ach, Frau Mutter, was ist denn die Geburt?
Es ist das Ankommen aus der vorangegangenen Nichtexistenz.

Done Mari, che è mai la nascita?
É un arrivo da una precedente non esistenza
Ach, Frau Mutter, was ist denn der Tod?
Es ist die Rückkehr zu dieser Nichtexistenz.

Done Mari, che è mai la morte?
É un ritorno alla susseguente non esistenza
Wir werden nicht vom Nichts verschlungen.
Wir kehren einfach dorthin zurück, woher wir kamen.
Non verremo inghiottiti dal nulla:
torniamo soltanto da dove siamo venuti.

Wir werden wunderbare Energie sein,
unbeschwert vom Körper
und, vielleicht, im Andenken weiter bestehen.

Saremo nella mirabile energia inorganica
senza gravità del corpo e, forse, dei ricordi.

Wir werden leuchtende Punkte in der Milchstraβe
oder an einem anderen guten Ort sein.
Saremo punti luminosi nella Via Lattea
o in qualche altro luogo niente male.





STUNDENBUCH – LIBRO D’ORE


Siehst Du die Kirchturmuhr? Lo vedi l’orologio del campanile?
Sie hat zwölf Gänseblümchen auf dem Zifferblatt: Ha dodici margherite nel quadrante:
sechs rechts und sechs links, sei a destra e sei a sinistra,
siebenhundertzwanzig Blütenblätter insgesamt. Settecentoventi petali in tutto.

Hörst Du die Kirchturmuhr? Lo senti l’orologio del campanile?
Sie erinnert daran, dass wir hier zu zweit zählen: Rammenta che qui siamo in due a contare:
ich zähle ihre Stunden io conto le sue ore
und sie zählt die meinen. ed egli conta le mie.

Wozu dienen denn die Stunden, A che servono poi le ore
wenn man sie nicht zählt? se non le si conta?

M O R T E

Ogni creatura consiste in due realtà:
individuo distinto fra gli altri
e persona aperta verso il mondo.

L’individuo è costretto in una capsula
gonfia di egoismo, ambizioni, sofferenza;
la persona abita in associazione.

Anche se ci manca la diretta esperienza,
la morte è un problema per l’individuo
ma non per la persona umana.

Ognuno di noi è come una goccia d’acqua.
Che succede a una stilla d’acqua
quando cade nell’immenso mare?

La forma sferica svanisce come tale,
ma alla sua acqua non accade proprio nulla:
si scioglie nel mare conservando la sua natura.

(IL DIALOGO, Oderzo, ottobre 2010)



D E N T I N I


L’umida rugiada lunare notturna,
sebbene tremi nei prati di Rigole
sotto i piedi dei miei ricordi,
non è disturbata dal calpestio.

Il trifoglio invece non può dormire:
lo infastidiscono sia i topi di campagna
che gli rodono con i dentini le radici,
sia i morsi della mia nostalgia.


N O T T E

A che serve mai la buia notte
con le braccia nude e senza peso?

Essa abbraccia la sera ormai sbiadita
e svanisce poi quando il sole appare:
come un circolare ritorno dei minuti
nel solitario orologio del campanile.

La notte serve forse ad avere paura
che certi sogni si avverino?

E se invece servisse a convincere che,
come si osserva da Terra una “Luna piena”,
dovrebbe essere altrettanto possibile
vedere dalla Luna una “Terra piena”?
(IL DIALOGO, Oderzo, febbraio 2011)

LA PESCA

Il ponte decrepito scavalcava
incerto il fiume.

A monte la nassa di vimini
con la bocca a ritroso
ingoiava anguille, tinche,
lucci e pesci gatto perfino.
Ma a valle i teneri girini
erano della natrice verdiccia.

Nessuna lite
risulta esser mai stata tra loro.

(Mensile "IL DIALOGO", Oderzo - Gennaio 2011)

SUPERSTIZIONE


“Per il cimitero il primo sentiero a destra dopo la chiesa,
non si sbaglia perché si vedono i cipressi a guardia del nulla”,
mi spiegò nella mattina dei morti uno sconosciuto.

Un gatto nero stava guardingo sul ciglio della strada,
quando io arrivai convinto che non sia utile morire
per fare dolorosa esperienza della morte.

Appena mi vide, il felino rinunciò ad traversare la via.
La tramontana, ventilatore che asciuga la rugiada,
portava intanto al cielo un soprabito di nuvole.


B A C I


Nel giorno dei morti una sconosciuta mi chiese:
“È possibile tenere una contabilità
dei baci potenziali perduti nel tempo?
Me lo dica, per carità! Lei dovrebbe saperlo”.





MORTE E VITA

Vicino al muro del cimitero di Basalghelle
un fiore di malva dalle corolle rosee mi chiese:
“Credi che la morte abbia sempre l’ultima parola?.
La morte sembra infine aver vinto contro la vita”.

“Oh, no”, risposi, “La morte é rischio per i viventi,
ma teme di essere inghiottita dalla vita intorno:
abeti, trifoglio, ortiche…cardo campestre perfino.
La memoria inoltre vince sempre contro il nulla”.


23 APRILE


Esiste solo una stagione nell’anno
ed è la primavera al guinzaglio dell’inverno:
le altre le girano semplicemente intorno.

Nella chiesa di Basalghelle il parroco
aveva appena impartito la benedizione
come se dovesse tagliare in quattro l’anguria.

In piazza mi salutava un fazzoletto di vento
e una sconosciuta col naso tendente al convesso
mi riconobbe e domandò curiosa:

“Se non fai certamente nulla per caso,
perché accendi sempre due ceri sull’altare,
quando tutti ne offrono uno solo?”

“Semplice: una candela per San Giorgio
e una per il suo drago, perché la morte
è pur sempre la cosa più triste della vita”.

(Pubblicata dal "DIALOGO" di settembre 2011)

KUESSE
Sagt mir um Gottes willen,
wo die toten Kuesse ruhen,
damit ich ihnen eine Blume reichen kann!

U T I L I T Á

A che serve un orizzonte più vasto?
Perché mai una luna più piena?
Che farsene di un quarto di sorriso?
A che serve poi la notte se il giorno
viene e se ne va comunque?

SUPERSTIZIONE


“Per il cimitero il primo sentiero a destra dopo la chiesa,
non può sbagliare perché si vedono i cipressi”
mi spiegò nella mattina dei morti uno sconosciuto.

Un gatto nero stava guardingo sul ciglio della strada:
quando arrivai convinto che non sia utile morire
per fare dolorosa esperienza della morte.

Appena mi vide, il felino rinunciò a traversare la via.
La tramontana intanto, ventilatore che asciuga la rugiada,
portava al cielo un soprabito di nuvole.




MORTE E VITA

Vicino al muro del cimitero di Basalghelle
un fiore di malva dalle corolle rosee mi chiese:
“Credi che la morte abbia sempre l’ultima parola?.
La morte sembra infine aver vinto contro la vita”.

“Oh, no”, risposi, “La morte é rischio per i viventi,
ma teme di essere inghiottita dalla vita intorno:
abeti, trifoglio, ortiche…cardo campestre perfino.
La memoria poi vince sempre contro il nulla”.

MICROFAVOLA

La vecchia Mariéta raccontava storielle
nella stalla di sera a Basalghelle:

“Cenerentola era nel ballo bella e leggera
come una nuvola nel cielo senza federa.

Il tempo passava e a mezzanotte
la carrozza lussuosa l’aspettava.

Nell’affrettarsi lasciò sulla scala una scarpetta,
che diventò una traccia per essere riconosciuta.

Se fosse stata già inventata l’ora legale
non sarebbe stata necessaria tanta fretta”.

SAN G I O R G I O

A Mario Borsoi
per affinità elettiva.

Lo vedi San Giorgio con gli occhi azzurri
a cavallo nell’abside di Basalghelle?

C’è fermezza nel suo sguardo
e precisione di fronte al drago ucciso.

Il senso di necessità è quasi semplice
e manca ogni compiacimento crepuscolare.

La Natura osserva come participio futuro
un avvenire sciolto dalle leggi della mente.


C O C C I N E L L E

La vedi la coccinella color carminio
tonda come un pisello secco
sulla spiga nel grembo dei prati?

L’insetto ha una vita breve,
ma ne ha subito piene le palline
di umor nero sulle elitre rosse.



N EC R O L O G I O


Campane, squillate la mia morte a Basalghelle.
Scaditela alta sui prati di Rigole la mia morte.

Qualcuno getti un fiore di tarassaco nel Rasego.
Lo si lanci dal ponte presso i salici piangenti il tarassaco.

I ricordi rifiutati non sfiorano più i campi delle Baite,
perché io sono i campi delle Baite, laghetti in letargo.

Solo le nuvole, vento in bianco e nero, vagheranno:
ultima carezza per il sonno senza sogni. BORSA NERA E’ mancanza di cielo, oppure di ritegno nativo, questa insufficienza di memoria, che per tutti i sensi stringe il cuore? Un tempo i configli furono sollecitati al pietoso esilio. Dov’ erano allora i corvi stonati, e i pioppi dalla scorza screpolosa, e le rondini migratrici dalle lunghe ali? Dov’ erano allora i sindaci con le fusciacche, e la levatrice con la borsa nera, nella quale anche noi figli superflui eravamo stati portati, come si credeva? BASALGHELLE Momento sottratto al tempo e buco di serratura, oltre il quale si vede vegetare la natura. Il Rasego offre un impercettibile gorgoglio e un silenzio strano con odore di trifoglio. Le Baite sono una favola al chiaro di luna, che rammenta la gioventù, anzi la cuna. Qui “bilussèra” significava una vigna piana di vin moro come quello delle nozze di Cana. NOTTE SOLSTIZIA La rugiada nelle notti di plenilunio sui prati di Basalghelle parlava di sé. Solo le punture delle zanzare e le prime stelle cadenti parlavano di me, esortando cancellazioni di volti dimenticati. RUMORI Mi hai fatto finora sentire, per telefono, le fusa sognanti del tuo gatto. Vorrei domani sentire, per telefono, il battito superlativo del tuo cuore. MORÓSI Un putinòt de pàja e de bavèla co un piriòt pàr capèl sòra rovessà, un trversòn co-e tiràche de cordèla e un tabàro de velùdo tùt sbregà. El jèra inpiantà in cào al gavìn pàr badàrghe a stornèi, panegàsse parùssoe, thavàtoi, gardelìn e po’ a cheàltri osèi che no pàga tàsse. In te-a scarsèla a màn drèta ti te metèa do rìghe co un cuòr; a màn thànca in te-a sachèta mi te metèe do rìghe co un fiòr. Un dì ti le me paròe no te à pì ciòt e no te savarà mài cuèl che mi ‘vèe da dàr. Te pòl sòl che insognàrte un putinòt de pàja e de bavèla, che te fa penàr. STAGJÓN La bròsa la incipria i Prà dei Gài come ‘na scjùma de colòr ingjathà. ‘Ndòve e-li pô i gardelìn incantài, i tavàn e le pavèle de ‘sto istà passà? CONSOLAZIONE Che prezzi sul mercato per anguille, tinche e pesce gatto! Stanotte ci siamo incontrati gli Apostoli Simone, Giacomo, Giovanni ed io per pescare di frodo oltre il ponte, dove il Rasego corteggia la calta palustre. Era di vedetta un martin pescatore. ELSA Mai più fremito triangolare di scialli con frange, la calta palustre non occhieggia più nei fiumi del Ducato Longobardo. Ora te lo posso dire, perché sei morta. Non più veglie nelle stalle d’inverno E non più tonfi di rane nei fossi rancidi. Ora te lo posso dire, perché sei morta. Non rogazioni bramose per prati abbrustoliti, non macine in umiltà lungo la Restèja muscosa. Ora te lo posso dire, perché sei morta. Fazzoletti neri non annuvolano più capi canuti. Come falchetti novelli sulle torri dalle caviglie sottili. Ora te lo posso dire, perché sei morta. Mai più fremito triangolare di scialli con frange, mai più peschi selvatici lungo i filari. Ora te lo posso dire, perché sei morta. LA STRADA DELLE BAITE Stelle alle tre del mattino, questo è un sentiero femminile, voglia materna di gracidar di zoccoli. Il ronzante tornar delle api sfoglia l’aurora, chiude a chiave nostalgie d’anime dimenticate in madie con la notte per tesoro nascosto. La strada delle Baite è traccia di bambina, vita di scorta per emigrati lontani, respiro di campi blasonati di sudore. Qui l’orologio d’erba segna un altro tempo: minuti di trifoglio finiscono in gridio di passeri e l’ora di girasole va in clausura. VITA DA FIORE Non è poi male un giorno da girasole. Già la statura aiuta non poco: sono alto abbastanza per badare a me stesso. Di mattina presto offro al sole novello La misteriosa equazione di stami e pistilli, che gli umani chiamerebbero cuore. A che serve il cuore se non lo si offre? Con stanca coscienza reclini infine il capo Ed è subito ombra di breve tramonto. IL VINO Appena c’incontrammo, mi chiedesti come si dice vino nella mia lingua. Forse collezionavi bevande d’ogni paese, per una nuova, assetata poesia, o volevi forse solo gustare in bocca lo strabico sapore della parola veneta. Quando c’incontrammo, dopo anni nel vasto mondo, ripetesti felice e tremante “Cabernet”: mi sembrava d’aver trovato una moneta d’oro sull’argine erboso del Monticano. VENDEMMIA Il Monticano infila i paesi come perle e la vite di Cabernet è gravida di nove mesi: domani si recide il cordone ombelicale ai grappoli. Nella morbida sera d’autunno una susina di sole illumina le figure di questo libro della natura: Vespe son giunte da Basalghelle e Lutrano, coccinelle da Mansuè, Vallonato e Fontanelle, farfalle e storni golosi da Camino e Ormelle. Nei cesti cadono perle agognate da passere spruzzate, sapori tra il limone e la magnolia, reliquie del crepuscolo della vigna. TELEFONO PUBBLICO Le cabine stanno appartate e contigue sulla piazza silente accarezzata dallo scorrer del Monticano. Quando cadde l’ultima moneta, avevo ancora una cosa da dirti: “Sei impagabile!” AMORE Non sei né maschile né femminile, ma vengo sempre volentieri da te. Non sei né maschile né femminile, ma ti preferisco a ogni bene. Non sei né maschile né femminile, ma nulla ti supera in bellezza. Non sei né maschile né femminile, ma t’amo tanto, paese mio. NOTTE OPITERGINA I passeri dormono sotto le tegole del tetto, come i tuoi occhi sotto le ciglia di velluto: io mi vesto di parole per coprire il silenzio nel mio cuore. CONFUSIÓN Ànca incuò l’è un gràn busnàr in tèl vènt, ma Ulisse nôl vôl scoltàr le Sirène: ghe piàse de pì stàr co Circe in tèl seràgno. I pàrla de Tròja, che no la è pì, e de Itaca, che un dì o cheàltro la pôl èsser: i porthèi in scjàp i spèta ronthegàndo. MONTICANO Un filo di luce liquida che scorre tra argini verdi come il mormorio del tempo non addomesticato da clessidre. Odore di polline muschiato aroma di pascolo povero fiume d’acqua e di tempo e, a Pentecoste, notturno rosario di rane. ORTICA Il destino dell’ortica è di non essere amata. Non si compra, non si vende, non si offre. Cresce anche nei cimiteri di campagna e nell’aria dei ricordi è velluto pungente. LIBRO D’ORE Chi conosce il ritmo degli uccelli, sa sempre che ora è. Ogni specie ha il suo orologio che segna il tempo senza sbagliare. Alle due di notte il solitario usignolo che aveva già trillato la canzone serale; alle tre del mattino l’allodola e un’ora dopo il gallo per la prima volta; puntuali a distanza il cuculo e la cincia, la capinera, lo strillozzo e il canarino. Gracchia infine il raro corvo ed è subito nostalgia di rugiada. IL MULINO Lungo la Restèja c’era un mulino con la ruota di legno muscoso: schizzi d’acqua amoreggiavano con l’ombre e quando il sacco era pieno, la ruota si fermava. Anche la luna veniva talvolta ad attingere acqua e più in là s’udiva un rider di ragazzi; i salici piangenti invidiavano il pesce gatto e la sera giungeva ancheggiando come una bella donna. Or sembra quel luogo un pozzo murato, un’epoca sepolta sotto un cielo meravigliato. Quando passa il funerale, non farti il segno della croce: il sacco era pieno e la ruota s’è fermata. 17 MARZO Il cielo era coricato sul lato sbagliato stanotte e il fratello moriva con un respiro, com’era nato. Mancavano quattro giorni all’arrivo della primavera, ma la fine impietosa non volle attendere. L’agile capinera vigile sul tiglio grande citerà la morte in giudizio per questo delitto. POETI All’angolo della mia strada Mi ha chiesto uno sconosciuto: “Dica, per favore, le poesie s’incidono sulla pelle degli uomini? E le mani dei poeti sono rosse per le tracce dei loro versi? Me lo dica, per favore, lei dovrebbe saperlo”. LA MIA TERRA La mia terra aveva i gelsi con le more bionde e blu. La mia terra aveva i larìn affumicati, ora usa termosifoni di ghisa colorati La mia terra non è più come la vedo nei miei sogni brevi come un bruco: folte siepi di umile sambuco con le foglie verdi e bacche blu. La mia terra non legge i miei versi appassionati, scritti in esilio in momenti disperati. La mia terra, una sera che è un po’ distratta, me la prendo e nessuno saprà dov’è andata. Chissà se la mia terra mi accoglierà clemente quando morirò: tanto è l’ultima volta, veramente. La mia terra, la mia terra! Ma la mia terra non c’è più. MEMORIA Ricordi fratello mio, tanti anni fa? Era il mese dei crisantemi, bellezze d’autunno, e trovammo sul prato una farfalla morta. Piegammo le ali, piano per non romperle, la chiudemmo per la sepoltura in un guscio di noce: tu aggiungesti un tardivo nontiscordardimé. Ora tu sei la farfalla morta. Ti sigillo nel guscio del mio cuore E aggiungo mesto: non ti scordar di me. AMICIZIA Tocchi le cose con le dita come le vespe carezzano i pistilli di un giovane fiore platonico. Ci sveglieremo sul fare del giorno in un luogo dell’anima incorniciato in un’icona del Trecento.: m’insegnerai a toccare aureole con le dita, come i ricordi sfiorano miracoli rifiutati, mentre foglie gialle cadono intorno. PREGHIERA DEI FIORI Conosco un falciatore antico: il suo nome è morte. Dal Signore ha avuto il suo potere. All’aurora affila la falce con la pietra; verso sera il filo sarà già tagliente: tremate, bei fiorellini! Quanto è ora verde e fresco, spento sarà domani: nobile narciso, grazioso giacinto, tremate, bei fiorellini! Cadranno in tanti sotto la falce: roselline rosse, gigli bianchi, corone imperiali: tremate, bei fiorellini! Veronica turchina, tulipani gialli e bianchi, argentee campanule, fiocchi dorati, tremate, bei fiorellini! Lavanda odorosa, rosmarino fragrante, eringio spinoso, superbi giaggioli, Tremate, bei fiorellini! Crespo basilico, tenere viole, tutti sarete raggiunti: tremate, bei fiorellini! Solo la gramigna non teme la falce. Recisa, vivrà trasferita altrove. Rallegrati, bella piantina! DISPETTO ALLA MORTE La fine arriverà come nuvola d’aghi e troverà soltanto un sacco vuoto: quanto poteva ardere è già arso. La fine arriverà come battito d’ali e troverà soltanto la stanza buia: quanto poteva spegnersi è già spento. La fine arriverà e sarà un nulla, anche lei. Il nulla non può dare, il nulla non può prendere: è inutile e inesistente il nulla! Quando morirò, mettetemi gli occhiali: vorrei vedere la morte allontanarsi delusa come una mongolfiera piena di pulci. MARIĚTA Un sôl stùf èl se gratèa la schèna sù par i pràteni intorcolàdi e le sisìle le jèra còme paròe in tel messàl vèrt del cièl. ‘Na vecèta co do òcj de genthiàna intànt la me vardèa fìssa, còme ‘na pitùra vignùda fòra dal mùr, còi scufòn de velùdo frugà: “Pòsse dìr de ‘vèr parecjà tùt cuànt: èl fatholèt co-e spènese de sèda turchìna, ‘na còtola inbotonàda, cussì no ‘vè da sgorlàrme. Me mànca sôl che le scarpe de vernìse. Mi vàe a cjòrle mèrcore de matìna in tèl marcà, co tìre la me pensiòn pàr i dò mèsi. Cussì, co vièn la me òra jùsta, sòn bèl che vestìda”. I DUE FRINGUELLI Due fringuelli in una gabbia alta cinquantuno centimetri e larga sessantadue: in fondo una tavola di salice, ai lati due tele di canapa e di fronte una lastra di vetro. Tra i due fringuelli una griglia e qui finalmente uno sportello, chiuso. Un fringuello a destra, uno a sinistra: muti. Sembravano uccelli imbalsamati, ma uno dondolava la testa, piano piano. ERA APPENA MATTINO Era appena mattino ed è già sera, è già inverno ed era appena primavera. Ti avevo appena incontrata nel casale e già eri la mia fiera compagna leale. Appena ieri giocavamo nel cortile, e presto saremo sotto l’erba sottile. La vita è una nuvola passeggera, come soffio leggero su lucida specchiera. LA PAPERONA Aveva sul capo piume a spazzola e virile peluria intorno al becco a spatola. Voleva danzare sulle ninfee tremule dimenticando la propria differenza con le libellule. Ma poteva solo tentennare sulle zampe piatte e illudersi di ancheggiare sopra erbe seccate.. L’ANELLO DI FIORDALISO Avevamo insieme trent’anni o poco più: tu avevi trecce bionde e occhi blu. Ci fidanzammo con un sorriso e per anello scegliemmo un fiordaliso. Quello era il bel tempo lontano, quando si mietevano le spighe a mano. LA CORNACCHIA Aveva incontrato un papero corto di vista e fu veramente amore a prima vista Ella giocava intanto a ping-pong con gli occhi insieme ai merli, tordi e perfino allocchi. Gli anni diradarono poi le piume nere e le rimasero solo le delusioni più vere. BRUGNERA Non credere a chi racconta che non avevamo nulla una volta! C’erano sillabari di margherite da sfogliare nel parco di Villa Varda; rondini leggere ornavano le travi come perle nere a San Cassiano; il vento suonava il flauto nelle grondaie dopo aver carezzato il grano sui campi di Brugnera; anatre starnazzanti tornavano ancheggiando dalla verde calma della Livenza… Avevamo anche un raggio di sole che infilava le ore Davanti alla valigia pronta per migrare. Fammi dunque capire, o Signore, se questa è nostalgica preghiera, oppur bestemmia! SETTEMBRE Tra i miei gerani sul balcone sono spuntati due funghi marrone. Sembrano fraticelli in orazione. SAN MARTINO Le barcollanti papere di maggio son diventate oche con maestoso piumaggio. RICORDI E SOGNI I ricordi hanno sete verso sera e si accostano alla fontana rotonda. Si vestono di sembiante e voce del primo che capita, a caso. Entrano in cucina e la madre non c’è: è sempre nel pollaio a quest’or! I ricordi non hanno nulla da imparare e ne puoi avere tanti, come i sogni. LUCIA Non dimentico mai quel giorno di funerale: l’aria era gelida e autunnale. Mia sorella morta aveva freddo nella bara e la copristi col tuo abito da sposa del destino ignara. AGOSTO Le querce han scacciato le loro ombre desolate, che ora stanno distese a terra per raccogliere le ghiande ossigenate. I suini discutono nell’angusto porcile se sia meglio vivere da maiali o pendere come salami per il battesimo d’aprile. AMICIZIA Amabile contatto di antenne tra formiche dello stesso formicaio. IL MAZZARIOL Vestito come il colore di due papaveri, non si sa bene se fosse uomo o spirito. Seguiva i buoi da un mercato all’altro, dormiva sulla paglia o sul fieno. Una donna di Brugnera ebbe pietà di lui E gli procurò una camicia senza pezze. Le rispose con le labbra morte di sonno: “Poènta e lât jòva, e no camìsa nòva”. Paese mio, come conduci i tuoi buoi al mercato, ora che il Mazzariol non li può più seguire? Paese mio, che hai mai fatto, perché il Mazzariol non intrecci più code di cavallo? (Quaderni del Lombardo-Veneto, N. 41, pag. 82, Padova 1995) VENERDI’ SANTO Il corniolo ha foglie bianche con profilo simile ai chiodi con cui Cristo fu Crocifisso. Questa è la punizione per non aver portato il lutto nel giorno della morte del Signore. MICROFAVOLA La vecchia Mariéta raccontava storielle di sera nella stalla a Basalghelle: “Cenerentola era nel ballo bella e leggera come nel cielo una nuvola senza federa. Il tempo passava e a mezzanotte puntuale l’aspettava la lussuosa carrozza regale. Nella fretta perse però una scarpetta, che permise di essere riconosciuta in fretta. Se allora ci fosse stata l’ora legale, tanta premura sarebbe sembrata inusuale”. SUPERSTIZIONE “Per il cimitero il primo sentiero a destra dopo la chiesa di San Giorgio. Non può sbagliare perché ci sono i cipressi”, mi spiegò nel giorno dei morti uno sconosciuto. Un gatto nero stava guardingo sul ciglio, quando arrivai convinto che non sia utile morire per fare esperienza della morte. Appena mi vide, il micio rinunciò ad attraversare. La tramontana, vento che asciuga la rugiada, consegnava al cielo un soprabito di nuvole comprato in un negozio del Monte Cavallo. U T I L I T Á A che serve un orizzonte più vasto? Perché mai una luna più piena? Che farsene di un quarto di sorriso? A che serve poi la notte oscura se il giorno viene e se ne va comunque? MORTE E VITA Presso il muro del cimitero di Basalghelle un fiore di malva dalle corolle rosee mi chiese: “Credi che la morte abbia sempre l’ultima parola? La morte sembra infine aver vinto contro la vita”. “Oh, no”, risposi, La morte è rischio per i viventi, ma teme di essere inghiottita dalla vita intorno: abeti, trifoglio, ortiche, cardo campestre perfino. La memoria vince poi sempre contro il nulla”. L A P E S C A Il ponte legnoso scavava incerto il fiume. A monte la nassa di vimini con bocca a ritroso ingoiava anguille, tinche, lucci, carpe, persici e pesci gatto perfino. Ma a valle i girini erano della natrice verdiccia. Nessuna lite risulta essere stata tra i due. N O T T E A che serve mai la buia notte con le braccia nude e senza peso? Essa abbraccia la sera ormai sbiadita e svanisce quando il sole appare: come un circolare ritorno dei minuti nel solitario orologio del campanile. La notte serve forse ad avere paura che certi sogni si avverino? E se invece servisse a convincere che, come si osserva da terra una “Luna piena”, dovrebbe essere altrettanto possibile vedere dalla luna una “Terra piena”? R E Q U I E M Nur noch eine Weile, Ancora un poco und es ist Zeit, sich zu verabschieden. ed è già tempo di addii. Siehst du die Kalender an der Wand? Li vedi i calendari alle pareti? Auf einem ihrer Blätter steht das genaue Datum Nei loro fogli è segnata meines Todes. anche la data esatta della mia morte. Ich werde es nicht überprüfen können, Io non potrò verificare, aber ich weiβ genau, dass es so sein wird. ma so bene che sarà così. Die Stunde meines Todes fehlt noch, Manca tuttavia l’ora della mia morte, aber alle Augenblicke sind an ihrem rechten Platz ma tutti i momenti sono al loro posto wie die schwarzen Tasten auf der Klaviatur. come i tasti neri nel pianoforte. S U C C E S S O Es ist das Totenfest È il giorno dei morti und im Friedhof duftet es nach Wucherblumen. e in cimitero c’è odore di crisantemo. Die Heckenzäune scheinen älter als die Weiden Le siepi sembrano più vecchie dei prati und sie schützen mütterlich vorsichtige Primeln e materne proteggono primule guardinghe. Heute Abend habe ich jedoch Eppure stasera ho strappato un sorriso einer Trauerweide sogar ein Lächeln entriβen. perfino a un salice piangente. Die Grasmücke zwitschert im Gebüsch La capinera cinguetta nel cespuglio wie eine Klingel der Elevation. come un campanellino dell’Elevazione. STUNDENBUCH – LIBRO D’ORE Siehst Du die Kirchturmuhr? Lo vedi l’orologio del campanile? Sie hat zwölf Gänseblümchen auf dem Zifferblatt: Ha dodici margherite nel quadrante: sechs rechts und sechs links, sei a destra e sei a sinistra, siebenhundertzwanzig Blütenblätter insgesamt. settecentoventi petali in tutto. Hörst Du die Kirchturmuhr? Lo senti l’orologio del campanile? Sie erinnert daran, dass wir hier zu zweit zählen: Rammenta che qui siamo in due a contare: ich zähle ihre Stunden io conto le sue ore und sie zählt die meinen. ed egli conta le mie. Wozu dienen denn die Stunden, A che servono infine le ore wenn man sie nicht zählt? se poi non si contano? R E Q U I E M Nur noch eine Weile, Ancora un poco und es ist Zeit, sich zu verabschieden. ed è già tempo di addii. Siehst du die Kalender an der Wand? Li vedi i calendari alle pareti? Auf einem ihrer Blätter steht das genaue Datum Nei loro fogli è segnata meines Todes. anche la data esatta della mia morte. Ich werde es nicht überprüfen können, Io non potrò verificare, aber ich weiβ genau, dass es so sein wird. ma so bene che sarà così. Die Stunde meines Todes fehlt noch, Manca tuttavia l’ora della mia morte, aber alle Augenblicke sind an ihrem rechten Platz ma tutti i momenti sono al loro posto wie die schwarzen Tasten auf der Klaviatur. come i tasti neri nel pianoforte. R Ä T S E L - M I S T E R O Ach, Frau Mutter, was ist denn die Geburt? Es ist das Ankommen aus der vorangegangenen Nichtexistenz. Done Mari, che è mai la nascita? É un arrivo da una precedente non esistenza Ach, Frau Mutter, was ist denn der Tod? Es ist die Rückkehr zu dieser Nichtexistenz. Done Mari, che è mai la morte? É un ritorno alla susseguente non esistenza Wir werden nicht vom Nichts verschlungen. Wir kehren einfach dorthin zurück, woher wir kamen. Non verremo inghiottiti dal nulla: torniamo soltanto da dove siamo venuti. Wir werden wunderbare Energie sein, unbeschwert vom Körper und, vielleicht, im Andenken weiter bestehen. Saremo nella mirabile energia inorganica senza gravità del corpo e, forse, dei ricordi. Wir werden leuchtende Punkte in der Milchstraβe oder an einem anderen guten Ort sein. Saremo punti luminosi nella Via Lattea o in qualche altro luogo niente male. E R F O L G - S U C C E S S O Es ist das Totenfest È il giorno dei morti und im Friedhof duftet es nach Wucherblumen. e in cimitero c’è odore di crisantemo. Die Heckenzäune scheinen älter als die Weiden Le siepi sembrano più vecchie dei prati und sie schützen mütterlich vorsichtige Primeln e materne proteggono primule guardinghe. Heute Abend habe ich jedoch Eppure stasera ho strappato un sorriso einer Trauerweide sogar ein Lächeln entriβen. perfino a un salice piangente. Die Grasmücke zwitschert im Gebüsch La capinera cinguetta nel cespuglio wie eine Klingel der Elevation. come un campanellino dell’Elevazione. N A C H T - N O T T E Für eineTröstungsnacht Per una notte di consolazione reichen Dunkel, Fledermäuse und Einbildung. bastano buio, pipistrelli e immaginazione Wenn di Fledermäuse fortfliegen, Se i pipistrelli volano via genügen das Dunkel und die Einbildung. bastano il buio e l’immaginazione. A U β E R O R D E N T L I C H K E I T - I N C O N S U E T U D I N E Wo stecken denn die Ureigenheiten Dove sono infine le particolarità des Baums, der Schlange, der Frucht dell’albero, del serpente, del frutto und der Erbsünde im Eden? e del peccato originale nell’Eden? Die Blätter des Gutes und des Bösen Le foglie del bene e del male sind schlieβlich unerkennbar. sono infine indistinguibili. Die eigentliche Ungewöhnlichkeit steckt L’unica originalità consiste im Klageschrei der zwei Vertribenen: nel lamento dei due profughi: „Ach, Liebe, wunderbare Begegnung „Oh, amore, prodigioso incontro von zwei freien Willen! di due libere volontà! Von dir sind wir nur der Beginn!“ Di te noi siamo solo il principio!“ H O L Z S C H U E - Z O C C O L I “Mutter, was ist eine Gerberei? „Mamma, che cos’è una conceria?“ „Es ist ein Ort, wo man die Felle gerbt“. „È un luogo dove si conciano le pelli“ „Und wer gerbt die Felle?“ „E chi concia le pelli?“ „Der Gerber, mein Kind“. „Il conciatore, figlio mio“. „Mutter, was macht man mit den gegerbten Häuten? „Mamma, che si fa con le pelli?“ „Man macht das Leder“. „Si fa il cuoio“. „Und was macht man mit dem Leder?“ „E che si fa con il cuoio?“ „Man macht die Lederschuhe, mein Kind“. „Si fanno le scarpe, figlio mio“. „Mutter, wer fertigt die Lederschuhe an?“ „Mamma. Chi confeziona le scarpe?“ „Der Schumacher fertigt die Lederschuhe an“. „Le scarpe le fa il calzolaio“. „Mutter, wer trägt die Lederschuhe?“ „Mamma, chi le porta le scarpe?“ „Wie kann ich es wissen, „Come può saperlo chi ha portato wenn ich nur Holzschuhe kenne, mein Kind?“. soltanto zoccoli, figlio mio?“. G U T U N D B Ö S E - I L B E N E E I L M A L E “Erlöse uns von dem Übel“ „Liberaci dal male“ (Mt. 6,13) (Mt. 6,13) In der Sixtinischen Kapelle L’albero della conoscenza del bene e del male ist der Baum der Erkenntnis geschraubt. è contorto nella Cappella Sistina.. Wir sprechen über Gut und Böse Noi parliamo del benen e del male wie von einer neutralen Sache. come di qualcosa di neutro. Wir sagen nie, daβ das Böse Non diciamo mai che il male schon anfangs ei scharfer Stratege war. fu un sottile stratega fin da principio. Es gibt nur ein Gut: Das Wissen, C’è un solo bene: la conoscenza, die Kenntnis der Dinge der Welt. la coscienza delle cose del mondo. Es gibt nur ein Böse: Die Unwissenheit, C’è un solo male: l’ignoranza, die Unkenntnis der Dinge der Welt. il non sapere le cose del mondo. Nur das Gut ist verseuchbar. Solo il male può essere inquinabile. Das Böse geht von jeder Schaubühne aus, Non il male, che esce intatto wie es unberührt aufgetreten war. da ogni situazione com’è entrato. Gut und Böse sind schon Querkategorien Bene e male sono categorie trasversali in der einzelnen Person: Stellen wir uns già nella singola persona: figurarsi also in den historischen Ereignissen vor! quindi nelle vicende storiche! Das Böse ist die Unterlegenheit der Jugend Il male è l’inferiorità della giovinezza und die Fülle des reifen Alters ganz allein: e la pienezza della maturita lasciate sole. Es ist zu leicht, es in Deutschland einzuschränken. È troppo facile circoscriverlo alla Germania. Die Toren streben nicht nach dem Gut, Gli stolti non tendono al bene, weil sie mit sich selbst schon zufrieden sind. perché sono soddisfatti di se stessi. Auch die Weisen streben nicht danach, Nemmeno i saggi vi aspirano, weil sie es schin besitzen. perché ritengono di possederlo già. Der Lebensbaum kennt weder Gut noch Böse: L’albero della vita ignora sia il bene sia il male. Die Bösen sind irgendwie verbesserbar, i cattivi sono in qualche modo migliorabili, die Guten aber muβ man behalten wie sie sind. i buoni invece bisogna tenerli come sono. D I E T O T E N - I M O R T I Erinnerst Du Dich, meine Liebe, Ricordi, amore mio, an die zarte Geometrie auf der grünen Weide? la morbida geometria sul prato verde? Sie war kein vom Wind hergebrachtes Blatt, Non era una foglia portata dal vento, sondern ein Spätschmetterling Frostes gestorben. ma una tarda farfalla morta di freddo. Auch für ihn hätte man eigentlich Anche per lei avremmo dovuto in realtà die Sterbegebete sprechen sollen. recitare le preghiere dei morti. B R E N E S S E L - O R T I C A Das grausame Schicksal der Brennessel ist, Il crudele destino dell’ortica nicht geliebt zu werden. è di non essere amata. Man kauft sie nicht, man bietet sie nicht an. Non la si compra, non la si offre. Die Brennessel wächst in abseits liegenden Orten L’ortica cresce in luoghi appartati oder eher in den Friedhöfen, o preferibilmente nei cimiteri, wo die Luft der Erinnerungen rauhen Samt ist. dove l’aria dei ricordi è velluto pungente. S T R E I C H D E M T O D - D I S P E T T O A L L A M O R T E Das Ende wird als eine Nadelwolke ankommen La fine arriverà come una nuvola d’aghi und es wird einen leeren Sack finden: e troverà un sacco vuoto: All das brennen konnte ist schon verbrannt. quanto poteva ardere è già arso. Das Ende wird als ein Flügelschlag ankommen La fine arriverà come battito d’ali und es wird ein dunkles Zimmer finden: e troverà una stanza buia: All das erlöschen konnte ist schon ausgelöscht. quanto poteva spegnersi è già spento. Das Ende wird ankommen und auch es wird ein Nichts sein. La fine arriverà e sarà un nulla, anche lei. Das Nichts kann weder geben noch mitnehmen: Il nulla non può dare e non può prendere: Das Nichts ist unnütz und nicht bestehend! é inutile e inesistente il nulla! Wenn ich sterben werde, setzt mir bitte die Brille auf: Quando morirò, mettetemi gli occhiali: Ich möchte den Tod sehen, der sich vorrei vedere la morte allontanarsi wie ein Warmluftballon voll Flöhe enttäuscht entfernt. delusa come una mongolfiera piena di pulci. D A S L E B E N - L A V I T A Wie der Löwenzahn in voller Blüte ist das Leben Come il tarassaco in fiore è la vita: ein mit weiβen, lockigen, rötlichen und sogar lila un rostro coronato di capelli bianchi e ricci, Haaren bekrönter Schnabel rossastri e lilla perfino. Ein blasen reicht und es zerstreut sich Basta un soffio e si disperde e svanisce wie ein Rascheln einer Eidechse am Abend: come fruscio di una lucertola nella sera: eine Statue aus Luft, die sich langsam verdunkelt. statua d’aria che lenta s’annera. P F L A N Z E N T O D - M O R T E V E G E T A L E Im Geheimbuch auf Elfisch steht es geschrieben, Nel libro segreto in lingua elfica sta scritto daβ alle im Sterben liegenden Pflanzen, che tutte le piante in punto di morte, sowohl Kiefer und Birken wie auch Brennessel und Klee, sia pini che ortica, muovono lamenti unmerkliche Klageseufzer in niederer Frequenz ausstoβen, impercettibili in modica frequenza. Nur die Lerche zwitschert hoch und engelhaft auf den Wiesen Solo l’allodola canta alta e angelica sui prati das Ende von duftenden Veilchen und Ackerwinde, la fine di viole odorose ed erba leporina, von befallender Quecke und immerwährendem Zehrkraut, di gramigna infesta e della perenne betonica, von hohen Hainbuchen und bescheidenem Kohl. di alti carpini e di modesta brassica. L E H R E R I N - M A E S T R A Die unbefangene Biene glaubt im voraus, L’ape ingenua crede a priori daβ es nichts anderes als die Blumen gibt, che null’altro esiste oltre ai fiori welche von bezaubernden Düften kennzeichnet sind. indicati da aromi incantatori. Du bringst uns dagegen bei, wie die betagten Blätter Tu ci spieghi invece come le foglie anziane die Spröβlinge belehren, wie sie sich dem Tau insegnano ai germogli, come offrirsi und den Morgenstrahlen anmutig bieten sollen. con grazia alla rugiada e ai raggi mattutini. B E I N A C H T - D I N O T T E Herbst ist angekommen Autunno è arrivato und mit ihm das Ende jeder Zeit. e con lui la fine di ogni tempo. Die Dunkelheittreibt sich in den Gärten herum, L’oscurità si aggira nei giardini, sie zieht alle Schubladen heraus und kehrt sie um. estrae tutti i cassetti e li rovescia. Träume stehen auf, sie schauen dich an Sogni si alzano, ti guardano und du unterscheidst keine Farbe in ihren Augen: e non distingui i colori dei loro occhi: Träume, welche die Wände durchgehen, sogni che attraversano le pareti um dann im Morgengrauen von sich selbst zu sterben. per poi morire di se stessi all’alba. Nachrschmetterlinge sind nur halb wirklich, Farfalle notturne sono reali solo a metà wie Hände in der Todesstunde. come mani nel momento della morte. Es geschiet gerade wie mit den Tagen: Accade proprio come per i giorni: Sie kommen, sie gehen und keiner titt von derReihe aus. vengono, vanno e nessuno esce dalla serie. K A M I L L E - L A C A M O M I L L A Die Blume ist bescheiden wie lauwarmes Wasser: Il fiore è umile come acqua tiepida: Gelbe Knospe mit vielen Blütenblättern herum, bottone giallo con tanti petali intorno, die man wie eine Wucherblume abblättern kann. da sfogliare come una margherita. Die neidischeFutterwanze hat im Garten erzählt, La cimice invidiosa ha raccontato nell’orto daβ die Wurzel von Mutter Natur als Taufengeschenk che Madre Natura ha donato alla radice den Zauber bekommen hat, nel giorno dl battesimo il sortilegio das nächtliche Zirpen der Grillen in Schlaf zu verwandeln. di sciogliere in sonno il canto notturno dei grilli. Unter den Kerbtieren hat Kamille also wenige Verehrer Tra gli insetti sono allora i suoi pretendenti und nicht mal der kurze, pistillerfahrene Augustwind e anche il vento breve d’agosto esperto in pistilli kommt für eine zweite Liebkosung wieder vorbei. non ritorna per una seconda carezza. H E I M W E H - N O S T A L G I A Du bist weder männlich noch weiblich, Non sei né maschile né femminile, aber ich komme zu dir immer gerne wieder. ma ritorno sempre volentieri da te. Du bist weder männlich noch weiblich, Non sei né maschile né femminile, aber ich sehe dich lieber als jedes Gut. ma ti preferisco a ogni bene. Du bist weder männlich noch weiblich, Non sei né maschile né femminile, aber du kehrst oft in meinen Träumen zurück. ma ricorri sempre nei miei sogni. Du bist weder männlich noch weiblich, Non sei né maschile né femminile, aber nichts übertrifft dich an Schönheit. ma nulla ti supera in bellezza. Du bist weder männlich noch weiblich, Non sei né maschile né femminile, aber ich liebe dich innig, mein Dörfchen. ma t’amo tanto, paese mio. D I C H T E R - P O E T I An der Ecke meiner Straβe All’angolo della mia strada Hat mich ein Unbekannter gefragt: mi ha chiesto uno sconosciuto: „Sagen Sie mir bitte,ritzt man „Mi dica per favore: le poesie s’incidono Gedichte in die Haut der Menschen? sulla pelle degli uomini? Und sind die Hände der Dichter E le mani dei poeti sono rosse wegen der Spuren ihrer Versen rot? per le tracce dei loro versi? Sagen Sie es mir um Gottes willen. Me lo dica, per carità. Sie sollten ed doch wissen!“ Lei dovrebbe saperlo!“ V O R S T E L L U N G - P R E S E N T A Z I O N E Wer sind die gelben Hornsträuche? I cornioli, chi sono? Sie sind Freunde, die der gleiche Wind bewegt Sono amici mossi dall’unico vento und in der Hand breite KelcheRotwein halten. con in mano larghe coppe di rosso: Sie geben uns Rat,den uralten Bosheiten der Welt consigliano di non far caso keine Bedeutung beizumeβen. alle antiche malizie del mondo. Wer sind eigentlich die Feldgrillen? I grilli, chi sono? Sie sind Stimmen aus dunklen Samt, sono voci di velluto scuro die durch die entlaubten Felder ankommen: attraverso l’oscurità di campi sfogliati: Sie dauern bis die Jehreszeit nicht sagen läβt, finché la stagione non manda a dire daβ das Leben ängstliche Erwartung des Nebels ist. che la vita è trepidanteattesa della nebbia. Wer sind schlieβlich die Schwalben? Le rondini, infine, chi sono? Sie sind häusliche Gebete zwischen Himmel und Erde, Sono preghiere domestiche tra cielo e terra ohne Rast und Ruhe ausgeschnittene Silberkrusten, ritagluate da croste d’argento senza pace, Schatten von Erzengeln ohne kübstliches Gebiβ, ombre d’arcangeli senza dentiera die auf die Suchen nach dem Gral unablässig fliegen. alla ricerca gaudiosa e continua del Gral. V O R W U R F - R I M P R O V E R O Man hockt nun wie Eulen auf dem Hühnerstall Ora si sta come civette sul pollaio in Erwartung des dritten Hahnenschreis. in attesa che il gallo canti tre volte. Geburtsort, du nennst uns wohl Kinder, Paese nativo, ci chiami figli, aber du wartest auf Fremde auf der Treppenstufe! ma attendi solo estranei sulla porta! Wir suchen Träume unter denHaaren deines Monds Cerchiamo sogni tra i capelli della tua luna und du bietest nur Strähnen mit barfüβigen Worten an! e tu offri solo matasse di parole scalze! Geburtsort, wenn du sagst, uns zu lieben, Paese nativo, quando dici di amarci, leiden wir unter der Bitterkeit wie Trauerweiden! noi tremiamo di amarezza come salici piangenti! A U S W A N D E R U N G - E M I G R A Z I O N E Wir sind wie von den Zikaden ernährte Vögel, Siamo come uccelli nutriti dalle cicale um weit entfern zu fliegen. per volare lontano. Wir sind wie Jünger, die zu spät angekommen sind, Siamo come discepoli giunti in ritardo um der Vermehrung der Brote teilzunehmen: alla moltiplicazione dei pani: Wir suchen nun ein anderes fernes Wunder. cerchiamo ora un altro miracolo lontano. T R E N N U N G - S E P A R A Z I O N E Der Schnee hat sich von der Schwere , La neve s’è separata dalla gravità, der Flügel von der Luft l’ala dall’aria und das lockige Blütenblatt von der Goldblume gtrennt. e il petalo riccio dal crisantemo. Auf den Gräbern wächst das Gras, Sulle tombe cresce l’erba das sich vom Grünn getrennt hat. Che si è separata dal verde. Auf dem Grabstein trennen sich blaue Augen vom Licht Sulla lapide occhi blu, separati dalla luce, um meinen Namen zu lesen, leggono il mio nome der sich von mir selbst getrennt hat. che si è separato da me stesso. . S O N D E R A N G E B O T - O F F E R T A S P E C I A L E Auf dem Markt Al mercato habe ich rote Rosen für Dich gekauft. ho comprato rose rosse per Te. Im Preis nel prezzo ist auch unser Welken inbegriffen. é compreso anche il nostro appassire M Ü N Z F E R N S P R E C H E R - T E L E F O N O P U B B L I C O Als die letzte Münze herabfiel, Quando cadde l’ultima moneta, hatte ich Dir noch etwas zu sagen: avevo ancora una cosa da dirTi: „Du bist unbezahlbar“! „Sei impagabile!“ B E W E G U N G - M O V I M E N T O Der Wind bewegt die Wolken, Il vento muove le nubi, meine Hand schüttelt die Deine, la mia mano scuote la Tua, die Völker bewegen die Geschichte, i popoli muovono la storia, eine fremde Person entfernt sich, una figura estranea si allontana, die Zukunft und der Tod nähern sich. Il futuro e la morte si avvicinano. Nur die Liebesgedanken Soltanto i pensieri d’amore bewegen sich von allein. si muovono da soli. W A S S E R - A C Q U A Der runde Brunnen im Garten La fontana rotonda nel giardino gibt dem Wasser seine Freiheit zurück. restituisce all’acqua la sua libertà. Das Wasser sieht nicht zurück, L’acqua non si volta indietro, sondern setzt es seine Reise fort, ma prosegue il suo viaggio bis wo niemand es verfolgen kann. fin dove nessuno la potrà inseguire. DER WELTUNTERGANG - LA FINE DEL MONDO Ich bin eingebildet und ich glaube zu wissen, Sono presuntuoso e credo di sapere wann die Welt beim Erlöschen sein wird. quando il mondo starà per finire. Die Welt wird ein Ende haben, Il mondo cesserà di esistere wenn die von der Menschheit erzeugten Bilder, quando le immagini prodotte dall’uomo, die unerlaubten Rivalen jeder Existenz, rivali illecite di tutto quanto esiste, die Gesamtheit der Lebewesen überschreiten werden. supererà il numero delle creature viventi. Das Gleichgewicht zwischen dem Leben L’equilibrio tra l’esistenza und dem Anblick der Zeichen wird zerbrechen: e la sembianza dei segni allora si spezzerà: Die Bilder werden das Leben versenken le immagini sommergeranno la vita und die Welt wird in der Vielzüngigkeit enden, e il mondo finirà nel multilinguaggio die sie zu erklären und zu besitzen glaubt. che crede di spiegarlo e possederlo. F I N Z I O N E Da ragazzi fingevamo spesso negli incontri sulla riva del fiume. Passava un carro trainato da buoi e fingemmo di imitarlo: posammo due chicchi d’uva bianca davanti a una foglia di platano. Simulavamo con tanta convinzione da credere perfino che fosse amore la fiamma che davvero sentivamo. B A C I Nel giorno dei morti una sconosciuta mi chiese: “È possibile tenere una contabilità dei baci potenziali perduti nel tempo? Me lo dica, per carità! Lei dovrebbe saperlo”. 23 APRILE Esiste una sola stagione nell’anno ed è la primavera al guinzaglio dell’inverno: le altre le girano semplicemente intorno. Nella chiesa di Basalghelle il parroco aveva appena impartito la benedizione come se dovesse tagliare in quattro l’anguria. In piazza mi salutava un fazzoletto di vento e una sconosciuta col naso tendente al convesso mi riconobbe e domandò curiosa: “Se non fai certamente nulla per caso, perché porti sempre due ceri sull’altare, quando tutti ne offrono uno solo?” “Semplice: una candela è per San Giorgio e una per il suo drago, perché la morte è pur sempre la cosa più triste della vita”. PERMESSO? Tutto era appassito intorno. Anche la sera, l’erba piumosa e la luce umida erano appassite. Un milione di moscerini aveva bussato con insistenza alle porticine preziose dei tabernacoli nei capitelli di Dio, che sono già Dio: “È permesso? C’è nessuno?”. R Ä T S E L - M I S T E R O Ach, Frau Mutter, was ist denn die Geburt? Es ist das Ankommen aus der vorangegangenen Nichtexistenz. Done Mari, che è mai la nascita? É un arrivo da una precedente non esistenza Ach, Frau Mutter, was ist denn der Tod? Es ist die Rückkehr zu dieser Nichtexistenz. Done Mari, che è mai la morte? É un ritorno alla susseguente non esistenza Wir werden nicht vom Nichts verschlungen. Wir kehren einfach dorthin zurück, woher wir kamen. Non verremo inghiottiti dal nulla: torniamo soltanto da dove siamo venuti. Wir werden wunderbare Energie sein, unbeschwert vom Körper und, vielleicht, im Andenken weiter bestehen. Saremo nella mirabile energia inorganica senza gravità del corpo e, forse, dei ricordi. Wir werden leuchtende Punkte in der Milchstraβe oder an einem anderen guten Ort sein. Saremo punti luminosi nella Via Lattea o in qualche altro luogo niente male. N EC R O L O G I O Campane, squillate la mia morte a Basalghelle. Scaditela alta sui prati di Rigole la mia morte. Qualcuno getti un fiore di tarassaco nel Rasego. Lo si lanci dal ponte presso i salici piangenti il tarassaco. I ricordi rifiutati non sfiorano più i campi delle Baite, perché io sono i campi delle Baite, laghetti in letargo. Solo le nuvole, vento in bianco e nero, vagheranno: ultima carezza per il sonno senza sogni. Poesie già inserite in “blogspot.com”

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